LUCA, PAZIENTE SPECIALE, ESEMPIO DA SEGUIRE

Il navigatore mi segnalava di svoltare a destra, dopo la rotonda. La casa doveva essere quella rossa, con i mattoni a vista sulla facciata. La signora con il giubbotto blu e il grembiule azzurro mi ha visto entrare nel cortile e parcheggiare l'auto con le quattro frecce. "Buongiorno, quanti chili le servono?".
Vendeva radicchio trevigiano, quello che vale oro nella nostra provincia.
"In verità io sto cercando l'abitazione di Luca", le ho detto mentre mi fissava incredula.
"Deve andare da quella parte signora, è la terza casa a sinistra, al civico tredici". Aveva capito subito di quale Luca stessi parlando. Nei piccoli paesi, le notizie viaggiano a velocità supersonica.
L'ho ringraziata ed ho svoltato immediatamente. 
Sono arrivata al cancello con il piombo ai piedi in una sorta di foschia lattigginosa.
Mi ha aperto il figlio maggiore di Luca. Un fusto di un metro e ottanta, con gli occhi tondi ma tanto azzurri, e le ciglia così nere da disegnare occhi quasi perfetti, come quelli di suo padre.
Luca non si aspettava la mia visita. Avevo deciso di fargli una sorpresa. E' allettato da quasi quattro mesi, ospedalizzato a casa, in un letto con il materasso anti decubito, le pompe di infusione, i drenaggi, la nutrizione parenterale, la stomia e il ventre ancora aperto, per una ferita che tarda a chiudersi e solo quarantotto anni di vita vissuta. 
Avevo paura a fargli visita. Una rabbia acida contro il cancro mi saliva dallo stomaco, come un'onda a rovescio.
Sono entrata portando solamente un sorriso grande e il tumulto nel petto e lui si è emozionato. Come i suoi, anche i miei occhi si sono velati di lacrime e gli ho stampato due baci. Un'onda di eccitazione ci ha percorso entrambi.
Luca era avvolto da un lenzuolo colorato e da una coperta di pile bianca, morbidissima. Le braccia, nascoste sotto, si sono liberate immediatamente, per stringere le mie. Il suo volto emanava una luce brillante, aveva il viso di un angelo smisurato, e la voce, roca per l'emozione, esprimeva la gioia per la mia visita.
Mi sono seduta accanto a lui, in una sedia del tavolo della cucina. Il letto stava in salotto, per comodità. 
Ho aspettato una nuova calma, dentro al petto in disordine.
Ho lasciato che parlasse lui, come un fiume, con un ottimismo mai sentito e i grandi occhi interrogativi. Fissavo il suo sguardo diluito, come quando guardi il mare calmo, senza che nulla turbi la superficie.
"Io sto bene". Ripeteva in continuazione. Ma non per convincermi o per convincersi. Lo ripeteva perchè era vero. Lo ripeteva con entusiasmo, con la certezza di chi sa che tra poche settimane riprenderà a camminare. Tumore o no, lui non ci sarebbe stato a lungo in quel letto. Me lo giurava, con quella forza che va oltre le paure, come un fuoco che non puoi spegnere.
Chiara, la moglie, si è avvicinata con lo smartphone in mano. Mi mostrava la foto del giorno prima. Luca stava seduto sotto al porticato, a farsi baciare dal sole. Lo avevano aiutato i suoi figli, forti come l'acciaio, ad alzarlo di peso e a posizionarlo comodo. "Ce la faccio, ce la faccio, ripeteva sicuro", mi spiegava Chiara. 
Luca è un angelo, un angelo dagli occhi blu come il cobalto, sorride alla vita che non è ancora riuscita a spegnere la speranza. Perchè lui la stomia non la vuole mica tenere! "Sono solo una macchina un po' recalcitrante", mi ha sussurrato in un orecchio. 
Eh no, non è ancora abbastanza stanco per sbattere le ali. E volerà verso la guarigione, ne è sicuro. Deve andare a Napoli a mangiarsi una pizza mi ha promesso. 
Luca Muraro sei unico !

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