La vita che vorrei vivere adesso, che è troppo tardi

Sofia lotta contra un male inestirpabile.
Ormai sono due anni che la sua auto compie lo stesso tragitto ogni quindici giorni. Si reca al day hospital oncologico per la chemioterapia.

Oggi non ho nessuna voglia di andare. Zoppico nel mio salotto grazie ad una gamba claudicante, il cancro ha raggiunto le ossa. Davanti a me, il vuoto. Anche il pianoforte a coda mi appare logoro e impolverato. Non lo suono da mesi. Quanto vorrei che la mia vita fosse un tutto resistente e limpido, e pieno.
Avevo quindici anni quando ho iniziato a fumare. Nicotina prima, mariuana poi, alcol, fino alla ricerca di quel di più che mi avrebbe distrutto. Era come vivere in un mondo a sè, con una sua propria atmosfera. Era come appartenere ad una figura insondabile. La stessa che ora, riflessa nel vetro, mi appare goffa, con la testa di traverso, così riservata e imperscrutabile. La mia. La stessa, che mi guarda con le sopracciglia aggrottate come se mi facesse un'osservazione inopportuna. E' troppo tardi adesso rimproverarmi.
Mai la vita mi è apparsa così preziosa come in questo istante. Vorrei gridarlo ai giovani che stralciano possibilità e bellezza per il nulla. Vorrei dire loro di vivere appieno la loro vita, con il cuore gonfio di amore e passione per le cose. Vorrei convincerli ad amarsi, come non ho fatto io. Se solo potessero vedermi in queste condizioni...
Il muro di questa stanza è coperto in lungo e in largo da ritratti vecchio stile. Sono i miei nonni, i miei antenati, i miei genitori. Vittime di ogni mio capriccio. Testimoni dell'infallibilità umana. Dirigenti, capi, realizzati. Sorrisi tutti uguali, come se fossero pre stampati. Felici. Ma cos'è la felicità se non la consapevolezza di un corpo sano che dipende da noi ?
Io volevo scegliere di non vivere. Il non vivere quella vita preconfezionata, da sola. Ma non desideravo  morire. E invece mi stavo uccidendo con le mie stesse mani, piano e lentamente, con la droga che divorava ogni cellula del mio corpo.
Oggi vorrei mollare tutte le mie colpe e diventare felice. Con solenne comicità recarmi al day hospital e fare una risata sonora, vendicarmi del mio dolore contagiando gli altri di una gioia mai vista, scivolare sul terreno della vita con le labbra edulcorate dal miele, si, anche claudicante, ma in uno slancio nuovo, spontaneo, che lasciasse tutti a bocca aperta. Perchè questa è la vita che vorrei vivere adesso, che è troppo tardi.


Sofia non si è mai più recata al day hospital oncologico, ma quanto ho scritto in prima persona, sono, le sue confidenze. Spero raggiungano il cuore di tanti giovani sulla strada di un'autodistruzione per la droga.


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