Quando tradire è un po' uccidere

(Ringrazio la mia paziente stomizzata per avermi consentito di raccontare la sua triste storia. Sicuramente comune a molte donne, ciò che paralizza non è il tradimento in sè, ma il come e il quando esso avviene. Se in un contesto di malattia, assume la connotazione di un vero e proprio "omicidio".
A tutela della privacy i nomi sono stati modificati)

Apro il frigo affamata e l'unica cosa che trovo, dietro ad un pacchetto di sottilette scadute, una crosta di formaggio indurita e il contenitore del latte vuoto, è un limone ammuffito.
Ne taglio metà, quella sana la spremo in un tè caldo e zuccherato. Mai un tè mi è sembrato così buono. E' una dolce coccola in questa fredda casa. Sono tornata a casa con Claudia Piumetta da poche ore e Gianni non ha provveduto a farmi trovare nemmeno un misero pacchetto di grissini nella credenza. Forse non ha mai fatto la spesa, ma ha spazzolato anche i fondi di caffè, si fa per dire.
Mi sembra di essere mancata da qui un tempo indefinito ed eterno, invece sono passati solo undici giorni. Credo di essere stata miracolata, il cancro era circoscritto. Mi sento come un individuo che assapora la morte facendosi, da un destino infame, appena sfiorare, e riuscendo a scappare solo perchè ha accanto chi lo ama, chi lo trascina via dal male. L'amore ha un potere incredibile di guarigione. Lo sento l'amore che Gianni ha per me. Quante volte mi sono fermata a quel "sentire" per non lasciarmi andare alla paura.
Sento anche il cancello,  aprirsi. E' lui. E' il mio Gianni.
Non so se entri prima il mazzo di rose dalla porta o il suo piede infangato mosso da un passo storto e pesante. Gianni è completamente ricoperto da un immenso indescrivibile mucchio di rose arancioni, mai viste così belle.
"Alla donna più bella della mia vita. Ti amo." .Un istante può essere breve o capiente e un attimo brevissimo o infinito. Tutto dipende da come lo vivi. Ed io mi sento risucchiare da un vortice di pura elettricità. Capiente, infinito.
Il cuore è improvvisamente una bussola impazzita. Fisso il mazzo e il piccolo bigliettino con le mani intrecciate nelle mani, emozionate, ardenti.
Il mio viso sembra quello di un panda e con gli occhi anneriti dal mascara colato dalle troppe emozioni mi avvinghio a Gianni,  noncurante della mia nuova condizione da stomizzata. Ci stringiamo in un abbraccio potente. Mai le sue braccia mi sono sembrate così forti, avvolgenti come un plaid in puro cachemire. Ma il sacchetto mi tradisce e il liquido caldo che percepisco scorrere lungo i pantaloni non lascia dubbi. Gianni mi guarda sbieco e un po' schifato e tenta di rassicurarmi. Lo vedo che maschera conati di vomito. Finge tranquilla serenità e mi accompagna in bagno. Condisce qualche parola con la dolcezza. Mi sorregge il gomito spostando indietro i miei capelli e annaspa tra le tasche alla ricerca di un fazzoletto da naso. Mi bacia la fronte. E' un dolore dentro, diffuso, sottile, imprendibile quello che sento in questo momento. Si trova di la', nell'altra pagina, nell'altra me.
E' in quel preciso istante che il telefono di Gianni scivola giù per terra, sbucando dalla tasca colpevole solo di essere piccola, e cade sul tappettino del bidet illuminandosi. Il display parla chiaro: sms di Claudia Piumetta. Piumetta perchè porta da sempre una collana dorata con una piccola piuma trovata in Africa, in un safari nella giungla, quella volta che è stata morsa dal serpente. Dice di essersi salvata grazie a quel portafortuna, la piuma di un Marabù. Claudia è una nostra cara amica eccentrica e "alternativa". Lei si definisce figlia del mondo. Perennemente in viaggio ci lascia a bocca aperta con i suoi racconti. Di selvaggio non ha solo il look. Selvaggi e ingovernabili sono anche i suoi pensieri.
"Claudia?" Gli chiedo incuriosita. "Mi ha accompagnato prima a casa!"
"Si tesoro, mi ha chiesto ogni giorno di te e vuole sapere come è stato il rientro"
"E come mai non lo ha chiesto direttamente a me prima?"
"Non lo so amore, che ne so, mah, boh, forse non voleva disturbarti. Dai ti aspetto di là". Mi risponde Gianni fuggitivo con gli occhi distratti.
Non so perchè provo una strana malsana gelosia. E' la prima volta. E di Claudia poi, che è come una sorella per me. Forse è la mia condizione di "malata" insaccata che mi tormenta. L'autostima finisce nei bassifondi della mia realtà. Lo specchio appannato mi restituisce una "me" deforme, patita, scarna, brutta. La mia fronte non mi è mai sembrata così alta. Dov'è finita l'attaccatura dei capelli? E guarda questa scriminatura nel mezzo, che ricrescita inguardabile!
Dai che domani andrà meglio, mi dico per convincermi.
Ma è nello stesso istante in cui la mia mano si allunga sul latte detergente che scorgo dietro al mio profumo di Dior, in un angolo dimenticato, la collana piumata di Claudia.

Quello fu l'inizio di un lento morire.

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