Quando l'intestino lega le emozioni, la psicologia viene in aiuto

...Per dire grazie a tutti gli psicologi

Il racconto è tratto da una storia realmente accaduta. A tutela della privacy i nomi sono stati modificati.

"Buongiorno... Dott.ssa ?"
"Chi parla?" rispondo con tono incuriosito da una voce maschile bassa e flebile.
"Mi chiamo Giulio. Mi ha dato il suo numero un suo collega di università e avrei bisogno di un appuntamento con lei."
"Certamente" Rispondo,"Oggi può andare bene?".
Avevo appena ricevuto disdetta da una paziente.
"Certo! , ci dia due ore di tempo e arriviamo. Abbiamo circa un'ora e mezza di strada".
Arriviamo? In quanti dovevano arrivare? E non avevo chiesto nemmeno il perchè. Mi sono fidata del mio "collega di università" e colpita dalla voce palesemente preoccupata di questo signore, non ho posto domande. Un'ora e mezza di strada? Doveva essere seria la questione per trascorrere in auto tutto quel tempo solo per venire a parlare con me. La voce fievole e il tono smorzato nascondevano idealmente una personalità sensibile. Doveva trattarsi di un paziente provato, non ansioso ma afflitto. Non pensavo potesse essere depresso perchè non avrebbe telefonato lui. Dalla voce mi immaginavo un uomo sulla sessantina, magro e alto, con le spalle larghe. Quando ascolto la radio e sento lo speaker parlare, cerco di immaginare come possa essere, a chi possa assomigliare e che carattere abbia dalla voce. Mi è capitato di fare lo stesso con Giulio, mentre lo aspettavo.
TOc Toc ......................
Erano già trascorse due ore ma puntualissimi bussarono alla porta. Era alto, altissimo, un fisico da giocatore di pallacanestro, un ragazzo sulla quarantina, 45 forse, magro e con due occhi neri grandissimi ma tristi. Malinconici. Mi strinse la mano con forza. Doveva essere un muratore forse, la stretta decisa, la mano enorme si abbinavano bene alla sua stazza, ma quel volto, l'ho ancora impresso, teneramente dolce.
Dietro di lui, quasi nascosta, la moglie accennava ad un sorriso di cortesia ma visibilmente preoccupata mi pose la mano tremante e morbida. Non mi ero sbagliata di molto. Il mio lavoro mi porta ad osservare moltissimo e ad ascoltare. Ascoltare con il cuore non significa ascoltare come con le orecchie.
"Che succede ?... prego accomodatevi,". Cercai di accoglierli con un sorriso ad effetto placebo ma senza risultato. Mi spiegarono tutta la questione. A tratti parlava lui, a tratti la moglie. Trasparivano sentimenti contrastanti durante il colloquio. Mi raccontarono del primo intervento all'intestino per una diverticolosi del colon, della peritonite post operatoria, del secondo intervento dopo 48 ore, della stomia con cui si è ritrovato al risveglio, del terzo intervento dopo altre 72 ore , del quarto intervento dopo 5 giorni per un ascesso, del dreanaggio toracico dopo sette giorni per versamento pleurico, di un altro intervento il giorno dopo per ulteriore ascesso da drenare, di una fistola enterica e della difficoltà di cicatrizzazione delle ferite, dei mesi successivi con un sacchetto sulla pancia e una stomia che voleva chiudersi da sola (era stenotica), della ricanalizzazione e della "non più vita" di adesso. E questo era il problema.
Scariche continue, notti insonni per il bisogno di recarsi in bagno anche dieci volte, defecazioni frazionate, urgenza fecale, incontinenza... .
Presi dal cassetto diversi disegni e spiegai il perchè si trovasse in quella situazione. Mi ascoltavano con attenzione e cenni di approvazione. Sembravano più sereni man mano che capivano i perchè. Ovviamente tutto era legato agli interventi subiti ma non solo. Ogni emozione, ogni sentimento, ogni problema, ogni preoccupazione, si trasmette al nostro intestino come la corrente elettrica accende una lampadina. Si tratta di un legame potente però, viscerale, particolarissimo.
La stipsi ostinata, l'intestino irritabile o la diarrea ne sono l'esempio quando non hanno una causa oggettivamente rilevabile. L'ansia, l'insonnia, la mancanza di affetto o di amore, il dolore, la rabbia, quante emozioni possiamo scovare nel nostro sistema limbico e... nel nostro intestino. Il primo passo è riconoscerle, accettarle ed esprimerle senza reprimerle.
La conoscenza del problema è il punto di partenza per trovare le soluzioni. sicuramente la dietologia, la medicina e l'infermieristica aiutano e sono indiscutibilmente necessarie ma è quel primo passo che bisogna fare: riconoscere le emozioni, esprimerle senza reprimerle.

Mi sento in dovere di ringraziare per questo tutti gli psicologi che lavorano per il benessere di queste persone, dei miei pazienti o di chi si trova come loro. Una malattia, un intervento chirurgico, un sacchetto, non sono una passeggiata su un viale fiorito, ma possono diventarlo, grazie anche a loro.

IL mio paziente ha messo in pratica i consigli che gli ho dato dal punto di vista nutrizionale, di riabilitazione del pavimento pelvico, di terapia farmacologica. Egli è stato da subito seguito per alcuni mesi anche da uno psicologo bravissimo. La sintomatologia è regredita in breve tempo.
I pazienti dovrebbero sapere che è importantissima una presa in carico precoce.

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