Incontinenza urinaria o fecale = emarginazione = divorzio

In alcune parti del mondo, come nella Nigeria settentrionale, in Etiopia o in Guiana (Nord America), i parti naturali che creano lacerazioni e lesioni come l’incontinenza urinaria e fecale, portano la donna all’isolamento sociale,  non volontario.

L’odore definito offensivo, che accompagna queste due condizioni (odore acre di urina e di feci) elimina completamente ogni rapporto sociale.
Per fare fronte al cattivo odore e alle onnipresenti fughe di urina, le famiglie allontanano queste donne costringendole a vivere in capanne isolate, oppure impediscono loro di vivere all’aperto, per vergogna verso gli altri. Spesso, con il tempo, se non guariscono, le giovani madri sono costrette ad uscire dal nucleo familiare perché considerate “sporche”.

L’impatto è forte anche sulla vita religiosa, dalla quale sono escluse. L’acqua scarseggia e non possono lavarsi. I musulmani soprattutto, richiedono la pulizia come prerequisito alla preghiera.
Il 50% delle donne in questa condizione divorzia. La famiglia sviluppa un senso di vergogna, il più delle volte questa patologia è scambiata per una malattia venerea (= malattia sessualmente trasmessa).

Molte giovani donne sono costrette all’elemosina per vivere e far sopravvivere il piccolo neonato, poiché vengono abbandonate dalle loro famiglie.
Il 70% dei piccolini nati da madri con lesioni di questo tipo (incontinenza urinaria e fecale) non sopravvive perché è
 abbandonato anche dai papà . 
L’esperienza è così traumatica che le giovani madri, anche quando guariscono, non sono in grado di ricostruire la propria autostima.

La tragedia affrontata da queste donne è stata eloquentemente descritta da Kesley Harrison, professore di ostetricia e ginecologia in Zaira, Nigeria, nel 1983.

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